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Immagine del redattoreSalvatore Maurizio Sessa

8. La paura di arrendersi. Il profeta Geremia e il re Sedecìa davanti alla fine di Gerusalemme

In ogni cultura si esalta il coraggio, si onorano le gesta eroiche, si ritiene persona esemplare chi non indietreggia di fronte alle difficoltà, chi non si dà per vinto davanti al nemico, chi difende ad oltranza la Patria o i propri valori in genere. Ma c’è un momento nella vita in cui invece di combattere o resistere Dio chiede la resa? Il profeta Geremia non ha dubbi: c’è un tempo della storia in cui se si vuole davvero essere fedeli al Dio dell’Alleanza, salvare la vita e la propria città, aprendosi ad un nuovo futuro di salvezza, è necessario arrendersi al nemico.


In una Gerusalemme assediata da mesi dal soverchiante esercito babilonese guidato da Nabucodonosor (586/587 a.C.), la parola del profeta risulta a molti irricevibile, un pericolosissimo messaggio eversivo da tacitare ed estromettere in tutti i modi dalla scena politico-religiosa. Eppure il re Sedecìa lo vuole ascoltare per un’ultima volta, perché i fatti stanno dando ragione a lui. Ma tra il desiderio del re di fare la cosa giusta e la richiesta profetica si frappone l’ostacolo della paura. Accettare di perdere tutto non è mai facile. Soprattutto per chi detiene il potere. Che fare dunque?


C’è un momento anche nella nostra vita in cui la cosa migliore da fare è arrendersi? La Rivelazione biblica non privilegia atteggiamenti unilaterali, non favorisce certo la viltà, ma nemmeno raccomanda eroismi insensati. C’è bisogno di ascoltare la voce dei veri profeti che aiutano a comprendere il senso della storia in atto e come superare l’angoscia mortale che impedisce le scelte più vere.


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